Di viaggi, di radici e d’Insularità

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Riprendo il titolo (ed il filo) dall’articolo Di viaggi e di radici perchè fra qualche giorno – zaino in spalla – lascerò la mia isola sul Mediterraneo alla volta di un arcipelago sull’Oceano Pacifico, le Filippine.

La lascerò solo per un paio di settimane, quindi so che le mie radici resteranno qui vogliose di essere (ri)esplorate al mio rientro, ma il viaggio che mi accingo a fare ha un sapore diverso da quelli fatti in passato. Certo, mi mette un po’ d’ansia l’idea del volo intercontinentale (per me sarà il primo e pensarmi dentro aerei ed aeroporti per quasi 30 ore di fila non mi esalta!) e della presenza delle mie acerrime nemiche, le zanzare (visto che già qui in Italia io sono il loro bersaglio mobile preferito e lì, in più, sono portatrici di malattie!), ma per il resto parto con una grande fame di cambiamento, di crescita, di voglia di esplorare, di fare nuove esperienze, di superare i miei limiti, di conoscere, di semplificare, di guardare oltre, di guardarmi dentro (con e senza macchina fotografica).

E a proposito di fotografia, Bill Brandt dice che

“Fa parte del lavoro del fotografo vedere in modo più intenso di quanto non facciano le altre persone. Egli deve avere e tenere in vita dentro di sé qualcosa di simile alla recettività del bambino che guarda il mondo per la prima volta o del viaggiatore che si avvicina a un paese sconosciuto.”

Mi riconosco molto in queste parole, ma le estendo anche ai fotografi non professionisti. Ed infatti è quello su cui più punto nei miei percorsi di Fotografia Terapeutica. La chiave è tutta lì. Nella capacità di guardare anche ciò che già si conosce da nuovi punti di vista, con una recettività viva, con uno sguardo pronto alla meraviglia. Per questo vi mostro alcune foto che, negli anni, ho fatto alla mia terra. Perchè ogni volta che la fotografo riesco a meravigliarmi.

Ormai da 10 anni uso il termine Insularità per dare un nome alle fotografie delle TANTE SICILIE che ho immortalato. Gesualdo Bufalino ci spiega – in un modo che personalmente adoro – perchè la Sicilia non è una, ma sono tante:

Dicono gli atlanti che la Sicilia è un’isola e sarà vero, gli atlanti sono libri d’onore. Si avrebbe però voglia di dubitarne, quando si pensa che al concetto d’isola corrisponde solitamente un grumo compatto di razza e costumi, mentre qui tutto è dispari, mischiato cangiante, come nel più ibrido dei continenti. Vero è che le Sicilie sono tante, non finiremo mai di contarle. Vi è la Sicilia verde del carrubo, quella bianca delle saline, quella gialla dello zolfo, quella bionda del miele, quella purpurea della lava. Vi è la Sicilia “babba”, cioè mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia “sperta”, cioè furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode. Vi è la Sicilia pigra; una frenetica; una che si estenua nell’angoscia della roba, una che recita la vita come un copione di carnevale; una infine, che si sporge da un crinale di vento in un accesso di abbagliato delirio…
Tante Sicilie, perché? Perché la Sicilia ha avuto la sorte di trovarsi a far da cerniera nei secoli fra la grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, fra la ragione e la magia, le temperie del sentimento e la canicole della passione. Soffre, la Sicilia, di un eccesso d’identità, né so se sia un bene o sia un male. Certo per chi ci è nato dura poco l’allegria di sentirsi seduto sull’ombelico del mondo, subentra presto la sofferenza di non sapere districare fra mille curve e intrecci di sangue il filo del proprio destino.

Capire la Sicilia, per un Siciliano, significa capire se stesso, assolversi o condannarsi. Ma significa, insieme, definire il dissidio fondamentale che ci travaglia, l’oscillazione tra claustrofobia e claustrofilia. L’insularità, voglio dire, non è una segregazione solo geografica, ma se ne porta dietro altre: della provincia, della famiglia, della stanza, del proprio cuore. Da qui il nostro orgoglio, la diffidenza, il pudore; e il senso di essere diversi. Diversi anche noi, l’uno dall’altro, e ciascuno da se stesso.

E ora, a poche ore dalla partenza per le Filippine, come faccio a non domandarmi quante diverse Insularità troverò lì, visto che l’arcipelago è composto da 7.107 isole!?!

Spero di riuscire a raccontarlo, con foto e parole, al mio rientro.

See you soon!

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