Nella home page del mio”vecchio” sito primeggiava questa frase:
Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle. (Denis Waitley)
Il cambiamento, lo avrete ormai notato, torna spesso nei miei post perchè è parte integrante del mio modo di lavorare. È il motore che spesso trovo ingolfato in chi si siede di fronte a me e che ha solo bisogno di qualche accorgimento per ripartire. È quella linfa vitale e creativa che scorre dentro di noi ma che troppe volte ignoriamo pur di rimanere nella nostra comfort zone.
Partiamo da qui: chi decide d’intraprendere un percorso psicologico non è più debole o più “problematico” degli altri. Anzi, è un soggetto che ha fatto il primo passo verso il proprio cambiamento. Si è quindi assunto la responsabilità di cambiare le condizioni frutto del proprio malessere.
Non è raro che queste persone abbiano anche bassi livelli di autostima ed alti livelli di autocritica. Ma questi sono due aspetti sui quali si può lavorare per ottenere una vera e propria inversione di tendenza. Si può imparare ad amarsi di più, si può imparare ad accettarsi per quel che si è e si può divenire più consapevoli, assertivi e resilienti grazie ad un percorso di benessere e crescita personale.
Il problema è che spesso (troppo spesso!) piuttosto che lavorare sul nostro cambiamento, cerchiamo di lavorare su quello degli altri, non rendendoci conto che criticare o lamentarsi di qualcosa o di qualcuno non ha mai cambiato niente e nessuno.
E sì, perchè se ci illudiamo che basti muovere una critica (più o meno tagliente) o lamentarci di un atteggiamento/comportamento/modo di fare perchè il cambiamento avvenga caschiamo proprio male.
La critica blocca il cambiamento, lo frena e crea oltretutto un ostacolo alla comprensione tra il criticato e il criticante, perchè chi viene criticato potrebbe sentirsi sotto accusa, ferito e magari, pur riconoscendo il difetto oggetto dell'”attacco”, non riuscirà a mettere in pratica il cambiamento proposto.
Ma ricorda una cosa: chi critica gli altri, in realtà, sta anche dando delle informazioni su se stesso. Sta ad esempio dicendo che il suo “giudice interiore” è molto severo e che lui per primo è solito criticarsi piuttosto che complimentarsi con se stesso. O che sta attraversando un momento difficile e le sue frecciatine riflettono le sue frustrazioni.
E se invece della critica e del giudizio usassimo l’assertività e la resilienza? Se dessimo più spazio all’empatia e alle emozioni positive? Trasformare la lamentela (così non ti sopporto più) in richiesta (mi piacerebbe che tu…) è già una chiave di volta!
In queste due grafiche ho riassunto i punti cardine che ruotano attorno ai concetti di resilienza e assertività. Spero tu li possa trovare chiari e utili:
Imparando a padroneggiare l’una e l’altra capacità le nostre interazioni con gli altri e con noi stessi miglioreranno perchè il nostro giudice interiore verrà tenuto a bada, saremo meno stressati e più aperti al cambiamento e il nostro stile comunicativo diventerà più diretto, chiaro, attivo, positivo e costruttivo.
Ho aperto e chiudo con una citazione. Questa è decisamente più famosa della prima e quindi, come tutte le cose sentite e risentite, potrebbe essere considerata banale. In realtà esprime e riassume, con una semplicità disarmante, ciò in cui credo e ciò che dovrebbe guidare le nostre parole e le nostre azioni:
Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. (Mahatma Gandhi)
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